NISSUN VA AL MONTE

Commedia veneziana in due atti di GIACINTO GALLINA
Regia di GianniRossi

Personaggi e interpreti
BEPO Stefano Baccini
CATINA, sua moglie Martina Bertoncin
NICOLA Alessandro Sguotii
LISA Lucrezia Guzzon
GEGIA, domestica Carla Borile
BORTOLO SCARTOZZI, compare di Bepo Stefano Dal Moro
GIULIA, sua moglie Sandra Saggiorato
MOMI SBRISI, amico di Bepo Franco Fortin


Direzione artistica di Stefano Baccini
Assistenti di scena: Nicoletta Longhin, Fiorella Segato, Placida Toniolo Quaglio, Franca Mingardo
Servizi tecnici: Franco Riatti, Claudio Seno, Giovanni Viola, Paolo Belluco

Venezia, 1872. L’azione ha luogo in casa di Bepo, che di giorno lavora come scrivano in uno studio legale e di sera suona la tromba nelle feste da ballo, per arrotondare le scarse entrate. È l’ultimo sabato di Carnevale e i familiari fremono per avere l’occasione di un momento di festa; ma mancano i quattrini ed è costretto a rifiutare.

Nel tentativo di cercare un rimedio, l’amico Bortolo suggerisce l’iniziativa di impegnare qualcosa al Monte di Pietà… e pian piano la tentazione diventa sempre più forte per tutti.

Bepo cerca di mantenere un atteggiamento fermo; tuttavia, l'uno di nascosto degli altri, tutti vi si recano ad impegnare l’abito migliore (e non solo)… di qualcun altro; così ciascuno si ritroverà con i soldi, però senza vestito da festa, e allora…

Giacinto Gallina (Venezia 1852-1897) trasse ispirazione per il titolo e l’intreccio da “Nessuno va al campo” (1866), dell’allora popolare commediografo toscano Paolo Ferrari, già acclamato nel 1853 per “Goldoni e le sue sedici commedie nuove”, considerato ancor oggi un capolavoro dell’Ottocento italiano. In quel testo tutti i personaggi andavano a battersi per la Patria, all’insaputa l’uno dell’altro (nella fattispecie, nella Terza Guerra d’Indipendenza, che portò all’ingresso del Veneto nel Regno d’Italia).
Non ancora ventenne, reduce dal successo del suo debutto nel teatro veneziano con “Le baruffe in famegia” del gennaio 1872, per il successivo carnevale Gallina si divertì a comporre un testo ben più esile, espressamente comico; ma era solo un nuovo assaggio della sua arte, che lo porterà in poche stagioni agli straordinari esiti del “Moroso de la nona”, di “Zente refada”, “Mia fia” e di numerosi altri lavori, fino ai capolavori della maturità: “Serenissima” e “La famegia del santolo”, solo per ricordare due delle sue opere più lodate.


La Compagnia Teatro Veneto “Città di Este” si confronta nuovamente con Giacinto Gallina, l’ultimo importante autore del teatro veneziano del secondo Ottocento, tra i più rappresentativi - e un tempo rappresentati - della drammaturgia regionale ed italiana. Tra i suoi tanti lavori, magari anche più importanti, è stata scelta questa commedia, veloce e leggera, che si presenta quasi in forma di farsa.

La motivazione principale è quella di voler riconoscere il valore della sua produzione legata alla teatralizzazione di una Venezia minore, crepuscolare e declinante rispetto alla sua antica grandezza.

La vicenda ruota attorno al Monte di Pietà, istituzione sorta con lo scopo di erogare piccoli prestiti a persone in difficoltà che potevano presentare un pegno ed avere così la necessaria liquidità. Pur avendo oggi dimenticato la sua funzione storica, emerge dal testo un’analogia con i problemi economici attuali delle famiglie e la tentazione di cercare prestiti facili o microfinanziamenti veloci.

Nell’allestimento di “Nissun va al Monte” abbiamo cercato di rispettare questa intenzione, mantenendo una traccia brillante impregnata di un fondo ottimistico, che ci ha permesso di intensificare la tonalità patetica e sentimentale dei personaggi, in direzione di una pur sempre spiccata vivacità interpretativa.

GianniRossi